Che Gioia il Pranzo dei Gioia.

 

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Ebbene sì, anche io domani farò la milanesina bon ton che il weekend si concede rilassanti, divertenti e ovviamente narrabili (altrimenti perché lo fai?!) gite fuori porta. Treno prenotato con larghissimo anticipo, outfit assolutamente non ancora deciso, ma non senza ragioni. Per la meta invece ho scelto un classico: Bozen. Quindi domani, bella fresca, salterò sulla mia freccia di qualche colore e mi farò portare fino a destinazione finale. Obiettivo: il pranzo della famiglia Gioia (il cognome da nubile di mia nonna, peccato solo non fossero ancora maturi i tempi per appiccicarmelo dietro al nome. Pensate che bello Giorgia Gioia, Gioia Giorgia… va beh, anche se non all’anagrafe, ho sempre un po’ di Gioia nel cuore e mi accontento!).

Dicevamo, l’occasione è imperdibile. Considerato che l’ultimo pranzo di questo tipo a cui ho presenziato risale a 30 anni fa, è proprio l’ora di farsi vedere. In effetti avrei avuto delle altre occasioni in futuro (forse) ma ho dovuto scegliere: oggi nel massimo del mio splendore o fra trent’anni con il deambulatore? Ho optato per la prima, avreste fatto lo stesso.

Ci saranno più o meno un centinaio di gioie, un menù che ho sbirciato – e non è male – e io con la mia occasione di outfit mancato. Già, perché nell’unica foto ricordo dell’84 (come lo stock) indossavo: A. un’ampia gonna al ginocchio a strisce diagonali bianche e verdi, B. una camicetta con le spalline verdi, C. un dito nel naso (quello destro). Non sarà un capo di abbigliamento, ma di sicuro è un accessorio!

Detto questo, l’idea iniziale, e romanticissima come solo io, consisteva nel presentarsi al pranzo “30 anni dopo” vestita allo stesso modo, della mia taglia attuale ovviamente. Nulla di fatto però, mettici il poco tempo che il lavoro ti lascia, l’assenza di un sarto fidato, del tessuto adatto e un paio di altre omissioni… e ad oggi non so proprio cosa indossare. Certamente la foto ricordo 2014 la farò con il dito (destro) nel naso, ma in merito al vestito non ho proprio idea. Nuda? In tuta? … o un salto da Zara altoatesino mi salverà?

Nell’attesa di capire – anzi meglio – di vestire, mi godo il trascorrere del tempo pensando solo alle 11.35 di sabato mattina, al mio treno, al mio dito e al mio pranzo di gioia.

 

Un limone per farli conoscere.

Sarà che sono ispirata da “Are you the one?”, reality show in onda di questi tempi su MTV o dai vari esperimenti (poi rivelatesi ingegnosi e subdoli piani di marketing) che si vedono ultimamente sul web come First Kiss, ma l’idea di organizzare un limone generale mi piace proprio. Complice il risveglio ormonale, di cui è a sua volta complice la primavera, sono in fase organizzativa di un Bottle Party, ovvero un gioco della bottiglia elevato all’ennesima potenza dove dar sfogo alla propria voglia di baci.

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Sia mai che da un bacio sconosciuto possa nascere qualcosa…

Comunque, gli invitati saranno accuratamente selezionati, avremo un distributore ufficiale di mentine (no, a lui non rinuncio), un fotografo per poter in futuro raccontare l’esperienza ai propri nipoti con tanto di prove di idiozia, una bella bottiglia e… tanti single. Accetterei anche coppie aperte, ma solo il sentore di poter creare degli squilibri nella coppia, mi mette un po’ d’ansia. Va be’, potrei anche semplicemente dire “affari di famiglia”.

Il luogo prescelto è ancora in dubbio. A porte aperte, magari in un bel parco per posizionarsi dove il terreno fa un po’ di cunette in modo tale da essere baciata sempre? Oppure a porte chiuse per non urtare l’urticante sensibilità di qualcuno? Chissà!?! Si accettano suggerimenti.

Per ora devo ammettere che, tra tutte le persone alle quali ho accennato del progetto, gli e le entusiaste sono tantissimi/e. Credo proprio che non sia io l’unica persona ad avere bisogno e voglia di baci (tantissimi) e amore (mi accontento anche di quello per la vita:-). Più ne parlo – del progetto Bottle Party of course – più adepti trovo. Magnifico direi! Poi ovviamente bisogna vedere se tutti quelli che fanno i “non vedo l’ora” in realtà saranno altrettanto prestanti a bottiglia fatta… ma i dubbi si sciolgono solo nel momento X, inutile fasciarsi la bocca prima!

Mentre scrivo e m’immagino già avvolta alle labbra di qualcuno, penso anche che per tutto sto lovely ambaradan potremmo trovare uno sponsor: Colgate? AZ? Vigorsol? Dentifricio al Becon? Mmmmhhh… se io fossi un dentifricio saprei come comportarmi in un’occasione del genere. Comunque, visto che non lo sono, mi scollo dal blog e inizio a meditare seriamente su un giorno, un mese, un’ora in cui dare il via alla limonata generale più limonosa che c’è.

Voi iniziate a mentalizzarvi sul tutto, mettete una bella dose di burrocacao sulle labbra e, se volete, prenotatevi subito. In teoria il cerchio non vorrei chiuderlo, ma siccome vorrei dare a tutti la possibilità di baciare e farsi baciare, forse arrivati a 100 chiuderemo le iscrizioni. Sappiatelo.

Per ora non mi resta altro da fare che baciarvi (ma guarda te che fantasia?! eh)

 

 

 

Neutralizza Puzzette

Ebbene sì signore e signori, questa volta l’invenzione ha del miracoloso. Non so ancora che dio del marketing ringraziare, ma le mutande neutralizza puzzette – sì esistono, no non è uno scherzo – sono appena schizzate ai vertici della hit list delle cose che non puoi non avere (assieme al dentifricio al becon ovviamente)!

E non neutralizzano solo le puzzette, sembra proprio che il porous carbon back-panel sia in grado di neutralizzare/massacrare/polverizzare oltre 200 odori. Suppongo tutti sgradevoli.

Non fate quelli che “le puzzette io non le faccio” perché non vi crede nessuno, pensate invece in quanti altri momenti della vostra vita potrebbero tornare utili. Tipo. Dovete andare alle terme di Saturnia dove l’acqua sulfurea oltre a trasformare l’argento in oro (no, non è Mida, poi sei tu che devi spendere un sacco di soldi per far tornare il braccialetto al suo colore originale) cambia anche le vostre espressioni in un climax che va dal “che faccia rilassata” al “che muso inorridito?”

Nessun problema, da oggi, con le mutandine neutralizza puzzette non dovete far altro che metterle sul naso e dire stop all’arietta satanassa!

E questo è solo uno dei casi in cui poterle usare decontestualizzate dalle chiappe, o almeno credo. Campi fertilizzati di fresco, virus intestinale inarrestabile, scoperta di un cadavere in decomposizione al parco mentre corri alle sette del mattino… tutte occasioni in cui è meglio averle che no! O sbaglio?

Come sempre accade però, ad una grande invenzione corrisponde sempre una grande opposizione. Pensate a quei gruppetti di amici – non per essere femminista a tutti i costi, ma credo che questo tipo di divertimenti sia ad appannaggio esclusivo dei maschietti – che, chiusi in una stanza (più piccola è meglio è), si divertono come pazzi a fare a gara di puzzette e a decretare la più puzzetta di tutte. Come la prenderanno i maniaci della flautolenza, gli amanti del trombe da culo, coloro che adorano darsi delle arie?

Daranno forse vita a una rivoluzione rumorosa? Chissà, nel frattempo io penso proprio che l’acquisto lo farò: ho già in mente un pomeriggio alla “gaia scienza” con tanto di cavie per testarle. Solo l’idea vi fa tremare i peletti del naso?

Eddai, non fate quelli con la puzza sotto il naso! In fondo lei sorride! Lui non troppo dite? Be’ vale la pena provare, nel dubbio e nei chissà io inizio a buttar giù in numeri della carta.

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Maledetta primavera!

È la prima volta, e parlo dell’intera esistenza, che penso “peccato che l’inverno sia agli sgoccioli”. Sono impazzita? Gli anni che passano mi orientano sempre più verso immagini del tipo camino+coperta+pelle di orso? Confido nel freddo per scroccare alla natura una criogenesi gratuita?

Plausibili tutte, vera nessuna.

Già perché questa voglia di ancora un po’ d’inverno nasce da  una scoperta, da un ritrovamento internettiano di rara splendevolezza e utilità.  Questa:

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Scoperta utilissima, soprattutto se come me, sei un copywriter in erba (e non certo perché sei junior) che passa 8 quando va bene delle sue ore quotidiane a digitare su una tastiera. E lo faccio in tutte le condizioni meteo sapete, perché un buon copy si riconosce dal coraggio di affrontare le intemperie mentali e dall’incoscienza di perpetrare le sue parole anche di fronte ad un muro di ghiaccio che sostiene che “ad hoc” si scriva in realtà “a doc” in barba agli alcolisti e a millenni di cultura.

 

Comunque, non è questo il sostanzial pensiero, anche se una nota acidula ci sta sempre d’incanto.

Va be’, dicevo, dopo aver trovato cotanta ingegnosa bellezza, a chi di voi non verrebbe voglia di trasferirsi in Alaska qualche giorno per provare la sensazione di avere falangette calde, calli morbidi e unghie bollenti? E tutto questo mentre magari sta lavorando alla stesura della copyhead più illuminante della sua vita?

Altra ipotesi, nel caso il viaggio Milano-Juneau fosse un tantino fuori budget, potrebbe essere quella di dotarsi di una tastiera di ghiaccio. Anche se a ben pensarci in questo caso, il dono della sintesi dovrebbe essere esploso all’ennesima potenza perché il rischio scioglimento sarebbe altissimo.

 

Altissimo come il piacere che suscitano inevitabilmente quei due piccoli sorrisi di quelle piccole boccucce. Immaginate che bello lavorare con qualcuno che ti guarda e stima sempre, ti sorride e ti incoraggia con l’espressione del suo volto!

 

Non dimentichiamo poi che dopo tanto battere di qua e di là per la tastiera, potrei aver bisogno di schiacciare un pisolino. E cosa c’è di più morbido di loro da mettere sotto le guance? Ohhh… sono già innamorata, e il fatto che manchino 289 giorni all’inizio dell’inverno, non mi spaventa affatto, anzi, sarà uno stimolo vero e proprio, un modo per capire se davvero tra me e i toastini potrà essere vero amore. Ci scommetterei quasi una mano…

 

Processo di animalizzazione innescato.

Che a Carnevale mi sia mascherata da Cappuccetto Rosso è ormai cosa risaputa e tra qualche minuto pure antica. Non sfodererò più culotte con tanto di lupo stampato sulle chiappe e merletti, camicette succinte e microgonneline modello fascia per capelli, tranquilli. Almeno non per quest’anno. Anche se a Milano, in effetti, il carnevale è ambrosiano – e quindi posticipato rispetto a quello di tutti gli altri – e io potrei risalire sui miei vertiginosi tacchi 14 e fare ancora un po’ di baldoria.

Potrei sì, se non li avessi abbandonati nella macchina di Luca che sabato, nel mutismo più assoluto e con la pazienza infusa di Madre Teresa, mi ha riportato a casa non una, me ben due volte.

Maledette chiavi! Maledetti tacchi! Maledetta vodka!

Comunque, abbiamo detto niente più cappuccetto rosso. E sia! Ma, considerata la mia passione per il travestimento, e avendo a disposizione ancora un 300 giorni (lunedì più lunedì meno), perché non scegliere delle nuove maschere? Dei nuovi alter ego che sublimino la mia voglia di essere chi non sono?

Che ormai tutti sappiano che vorrei essere un unicorno è assodato, ma nell’attesa che avvenga la trasformazione e io inizi a volare sugli arcobaleni nel blu dipinti di blu, potrei iniziare a fidelizzare con il mondo animale, che ne dite? Giusto così, per capirne due o tre regole, per non arrivare al momento topico e sentirmi completamente impreparata a gestire la mia Unicorn Second Life e le relazioni con gli altri abitanti della natura…

Va be’, aspettando con fermento le vostre suggestioni in merito, io procedo comunque all’acquisto di uno dei soggetti qui sotto. Perché qui l’affare è grosso e il piccione ben congegnato.

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